CONVERSAZIONE CON STEFANO FERRAZZI, HEAD OF SUPPLY CHAIN & S&OP DI IBSA
Come affrontare una crisi come quella del Coronavirus, come è stato gestito il lockdown che il mondo ha vissuto negli ultimi tre mesi e come riorganizzare in una notte un’azienda per mantenere la continuità produttiva senza mettere a rischio la salute dei lavoratori. Sono queste le domande che tutti ci siamo fatti da febbraio scorso, quando l’Europa e il mondo si sono trovati di fronte alla pandemia di COVID19. Rispondere oggi, con il senno di poi, con la possibilità di analizzare fatti e consequenzialità e con la calma data dalla consapevolezza è comunque difficile. Aver risposto in tempo reale, alla prima insorgenza dei problemi o quando i problemi che avresti avuto potevi soltanto immaginarli era quasi impossibile.
“Eppure ce l’abbiamo fatta. È iniziato tutto il 21 febbraio, quando è arrivata la notizia del focolaio di Codogno, in Lombardia. Penso che quel giorno sia scolpito nella memoria di tutti noi. Avevamo un deposito pieno molto vicino a Codogno. Da poco era stata presa la decisione di chiudere il magazzino ‘gemello’, che si trova vicino a Roma. Avevamo già avviato le pratiche per la dismissione, ma quella mattina a un mio collaboratore è venuta l’idea di prendere tutta la merce che era a Codogno e farla uscire il prima possibile, per paura che diventasse zona rossa. Di lì a poco lo è diventata, ma la nostra merce era già in viaggio verso Roma. Non abbiamo più chiuso il secondo magazzino: è questa struttura che il primo giorno ci ha salvati”. A ripercorrere quelle ore è Stefano Ferrazzi, Head of Supply Chain & S&OP di IBSA.
“Dopo Codogno è arrivato il 23 febbraio. Era domenica mattina. Mi ha chiamato il mio capo, in dieci anni non mi aveva mai chiamato di domenica mattina. Mi ha detto: siamo in emergenza e la prima linea sarà la Supply Chain”. Da quel momento sono frammenti, ricordi, mezze frasi per raccontare giorni in cui “dormire, mangiare, tornare a casa, rispettare turni e mansioni era piuttosto complicato. Tutti abbiamo fatto di tutto. Mi ricordo che un giorno ho chiesto che mi insegnassero a guidare il muletto, in magazzino. Poteva servire e volevo esserne capace. Se fosse stato necessario lo avrei guidato”.
Il perché di tanti sforzi per tenere aperti tutti i siti produttivi e la filiera di distribuzione prodotti è spiegata dalla stessa natura di IBSA: garantire la continuità terapeutica ai pazienti. Chi infatti è sottoposto a terapie specifiche non può interromperle perché il mondo è in lockdown. Significherebbe aggiungere un’emergenza sanitaria a un’altra e questo, per chi opera nel settore della medicina, è il male assoluto. “I nostri pazienti devono poter trovare i farmaci prescritti in ogni condizione e in ogni luogo”. Per non parlare dei farmaci ospedalieri o delle forniture di presidi medici necessari alla produzione di altri farmaci. Tra tutte le filiere, quella farmaceutica è forse la più strategica: per questo IBSA ha profuso ogni sforzo possibile per garantire la continuità, oltre che la sicurezza dei propri collaboratori.